Gaming and Parents
Giocare insieme: perché?
I videogiochi sono ovunque. Dai titoli più complessi (e costosi) a un'infinita serie di mobile games, semplici app da installare sul proprio smartphone, senza particolari problemi. Gatcha, giochi di ruolo, action-based games, MOBA, MMORPG, FPS, e ancora F2P, P2P. Sigle e acronimi a prima vista senza significato, vere e proprie lettere a casaccio per chi non è "addett* ai lavori", dietro cui però ci sono titoli, prodotti commerciali, centinaia di migliaia di posti di lavoro e milioni (sì, milioni) di consumatric*, di tutte le età e di ogni genere. Cos'hanno in comune questi giochi? L'essere interamente in digitale, fruibili tramite smartphone, console (per intenderci... la Playstation, l'Xbox), tablet, computer. E quindi, in un modo o nell'altro, il tenerci impegnat* davanti a uno schermo. L’ultimo rapporto sul mercato dei videogiochi in Italia (IIDEA, 2022) ha sottolineato che soltanto in Italia ben 15,5 milioni di persone, il 35% dell’intera popolazione tra i 6 e i 64 anni, ha giocato a uno o più titoli videoludici, registrando inoltre un incremento di circa il 2,8% rispetto all'anno precedente. Certo, cambiano i titoli e soprattutto la percezione di che cos'è un videogioco, di cosa significa giocare. Contrariamente alle aspettative, giocano tante persone adulte quanto le persone più giovani o adolescenti (no, il gaming non è un fenomeno adolescenziale, anzi). Cambia però il titolo (ma non il tempo consumato davanti a uno schermo!). Se una persona adulta, magari senior, preferisce giochi "semplici" e app gratuite, chi è più giovane potrebbe preferire titoli commerciali più "complessi", da giocare individualmente o in compagnia, cioè con altre persone, nello stesso momento e online.
In un modo o nell'altro, però, anche davanti all'evidenza dei fatti e ai numeri che sembrano parlare piuttosto chiaro, quando si parla di digital games, famiglie ed educazione ciò che segue è generalmente una disamina dei potenziali effetti negativi del gaming: esso provoca comportamenti antisociali, spinge alla violenza, all'isolamento, allontana figli e genitori.
Ma è proprio sempre così? E soprattutto, è ovunque così?
Non esattamente! In diverse tradizioni culturali, per esempio quella statunitense, oppure quella per noi "nordica" e scandinava, il gaming in famiglia è molto più presente e condiviso, probabilmente anche a causa di una maggiore vicinanza d'età tra genitori e figl* (ma non soltanto). La tradizione scolastica e, in senso lato, educativa di numerosi paesi nordici (Islanda, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia...) spesso sperimenta col gaming, lo utilizza e lo promuove come strumento formativo e, certamente, non lo demonizza di per sé.
Proprio per questo, il nostro progetto è basato anche sulla collaborazione, in partenariato, con Rafíþróttasamtök Íslands (abbreviato in RÍSÍ), una federazione di eSport islandese che da tanto tempo si occupa non soltanto di tornei, gare e atleti, ma anche d'educazione, sensibilizzazione in tema videoludico, di dipendenze digitali.
Un luogo e una federazione che seguono giovani gamers che hanno fatto della propria passione un lavoro, che giocano in team davanti a milioni di spettatori, con il supporto delle proprie famiglie. Non sarebbe bello anche qui?
Le infinite potenzialità (e gli infiniti pericoli) del gaming
Come tutte le cose, dall'arte alla cucina, fino allo sport o alle attività sociali (uscire, stare in gruppo, ballare), anche il gaming, che va inteso come semplice consumo di prodotti culturali, audiovisivi, non è di per sé, intrinsecamente, né bello né cattivo. Dipende tutto dall'uso che se ne fa, da come quest'attività si inserisce nelle nostre abitudini, nella nostra quotidianità. Al pari dello sport, anche il gaming può divenire un'attività compulsiva, può in effetti spingere all'isolamento (diversa questione è l'aggressività: gli studi in merito sembrano ormai sconfessare il fatto che il consumo videoludico possa generare comportamenti violenti). Ciò che è vero, però, è che i videogiochi non vanno da nessuna parte, anzi. Il mercato è in costante crescita e traina ormai tutta l'industria audiovisiva mondiale (altro che cinema o serie TV!).
Dunque, stando così le cose, non è preferibile, per una figura genitoriale, prima di scartare del tutto quest'attività (e, al contempo, prima di approvarla senza rifletterci un po' su, dando in mano un tablet o un computer), saperne di più? Non sarebbe alla lunga preferibile essere in grado di mediare il consumo videoludico, riuscendo a integrarlo in modo sano nelle proprie abitudini familiari?
Se è vero che il gaming può essere pericoloso, non sarebbe preferibile conoscerne, davvero, i pericoli, senza cadere negli stereotipi o nei preconcetti? Sapere quando è troppo, quando un titolo è adatto a una determinata fascia d'età e quando no (e soprattutto perché, non limitandosi cioè a leggere l'etichetta), sapere, sulla base delle inclinazioni, quale attività o titolo potrebbe essere adatto al proprio nucleo familiare, e quale no.
Al contempo, se è vero (come ormai tutta la letteratura di settore sostiene) che il consumo videoludico può, in effetti, essere uno strumento educativo con tante potenzialità, che stimola chi gioca in modo interattivo, che agisce su concentrazione, creatività, memoria, logica, apprendimento delle lingue e lavoro di squadra, non sarebbe preferibile essere in grado di orientarsi, di entrare in questo mondo in modo anche solo un po' più consapevole?
Più che concentrarsi sul fatto che il gaming sia, o possa essere, di per sé giusto o sbagliato, quello che veramente fa la differenza è la competenza genitoriale: molti genitori, che già consumano videogiochi, hanno il vantaggio di comprendere appieno cosa * propr* figl* stanno facendo e perché, potendo anche condividere con loro attività ludiche, valorizzando insieme gli aspetti più positivi, educativi e formativi insiti nel gaming. Altrettant* genitori, però, non hanno dimestichezza con questi prodotti digitali, li rigettano interamente e, ancora peggio, lasciano fare a* figl* senza interrogarsi più di tanto. Allora sì che il gaming potrebbe divenire isolamento e, anzitutto, un qualcosa che si fa da soli, una vera e propria sospensione del tempo familiare.
Attività e Risultati
Gaming and Parents, Close in the Distance e RÍSÍ hanno l'obiettivo di:
- Sviluppare un handbook leggero, in italiano, inglese e islandese per genitori, una vera e propria guida al mondo videoludico e a come integrarlo in famiglia. Questa risorsa approfondirà soprattutto il tema della mediazione digitale parentale: come essere cioè genitori partecipi alle attività digitali, a ciò che avviene davanti a uno schermo, sapendone riconoscere gli aspetti positivi, ma anche le possibili ricadute negative (apprendendo, in questo caso, cosa fare a chi chiedere aiuto, se necessario)
- Implementare un corso di supporto alla genitorialità, in presenza e online, tra l'Islanda (e, in senso lato, la Scandinavia) e l'Italia, libero e accessibile a tutte le figure genitoriali potenzialmente interessate
- Disegnare, nei siti web di partenariato, delle "e-library": biblioteche e archivi online in tema videoludico familiare e sulla mediazione digitale parentale, per nuove figure genitoriali ma anche per stakeholder, altre organizzazioni: centri di supporto alla genitorialità, di contrasto alle nuove dipendenze, e così via.
- Eventi di sensibilizzazione e una mobilità formativa, per le persone di Close in the Distance, in Islanda, proprio per apprendere da RÍSÍ il loro metodo di lavoro, l'ambito degli eSport e la cultura digitale scandinava.
. . . E poi delle EPALE entries e tanti prodotti di diffusione.
Per maggiori informazioni visita la nostra pagina Instagram, EPALE e la nostra sezione Blog!
Oppure scrivici a: direttivo@closeinthedistance.com
Gaming and Parents, talvolta nominato anche "High Rollers!" è l'acronimo di "Gaming e genitori: un'educazione alla Game Media Literacy e alla mediazione digitale parentale".
Il suo codice di progetto è 2023-2-IT02-KA210-ADU-000175959.
Co-Finanziato dal Programma Erasmus+ della Commissione Europea, è un progetto Erasmus+ KA210 (Partenariati su Scala Ridotta), nel settore dell'Educazione degli Adulti, iniziato l'1 febbraio 2024. Il progetto si concluderà il 31 gennaio 2026.
Per questo progetto, Close in the Distance e Rafíþróttasamtök Íslands hanno ricevuto EUR 48.000,00, corrispondente all'80% del co-finanziamento complessivo, da parte dell'Agenzia Nazionale Erasmus+ d'Italia I.N.D.I.R.E.
Finanziato dall'Unione europea. Le opinioni espresse appartengono, tuttavia, al solo o ai soli autori e non riflettono necessariamente le opinioni dell'Unione europea o dell’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura (EACEA). Né l'Unione europea né l'EACEA possono esserne ritenute responsabili.