Mediazione digitale parentale, gaming, famiglia, dipendenza. Nuove opportunità e nuovi spunti di riflessione

Ci siamo chiesti... ma si deve per forza "investire" il gaming di significati diversi per renderlo una cosa potenzialmente utile? Non basta, ogni tanto, conoscerlo e, be', giocare? Ma soprattutto: è davvero tutto così bello come appare? Dove sta la via di mezzo, soprattutto quando si parla di famiglie e di costante esposizione al mondo digital?

Oggi, con la tecnologia così presente nelle giornate di tutt* noi, il ruolo delle figure genitoriali va oltre il semplice controllo dell’uso dei dispositivi. Siamo ser:* il parental control è utile, ma chi davvero lo usa? E soprattutto, da quando la censura acritica è diventata la migliore strategia in educazione alla genitorialità?

Sarebbero forse preferibili due cose: in primo luogo, anche in riferimento all’EduGaming, capire che non per forza lo si deve intendere come “parte di qualcos’altro”. Poi, che le figure genitoriali dovrebbero più che altro diventare compagne di viaggio e non controllor*, affiancando * figl* nel mondo digitale, dai social media ai videogame. Questo approccio, che si codifica come Mediazione Digitale Parentale, invita e spiega alle figure genitoriali a non limitarsi a "regolare" il tempo online, ma a capire e partecipare alle esperienze digitali de* propr* figl*.

Un aspetto particolarmente interessante della mediazione digitale, per noi, riguarda il gaming. Per tante persone (non per forza giovani... ma questo è un altro argomento), il gaming è uno spazio creativo e sociale dove si esprimono e stringono legami importanti. Anche senza diventare giocatrici esperte, le figure genitoriali potrebbero (e dovrebbero) mostrare apertura e curiosità, magari provando a giocare insieme o interessandosi alle storie e ai personaggi che * propr* ragazz* amano.

Lo stesso potrebbe dirsi dei social, s’intende. Ancora più diffusi e, per la loro stessa natura, ancora meno “controllabili”.

Una cosa però importante, che sembra spesso assente dagli articoli e dai progetti che promuovono e sostengono cose come la mediazione digitale dell’adult* e della figura genitoriale, dell’EduGaming e così  via: il fatto che anche questi strumenti e queste attività possono generare dipendenza.

Il problema, per così dire, è che... è difficile, da sol*, comprendere se si tratta di vera e propria dipendenza, oppure di semplice “passione”.

Chi gioca è isolat*? Quanto è irritabile? Al di là delle ore spese di fronte a un PC o a una console, il rendimento e la socializzazione come sono? Come dorme?

In sintesi, sembra che la condivisione aperta sia la risposta migliore per mitigare i possibili effetti negativi di una molto prolungata esposizione al digitale – lo ripetiamo, non per forza il gaming... ma per il momento concentriamoci su questo.

Cose come regole condivise, giochi condivisi (una serata in famiglia in cui si gioca insieme), routine e dialogo (chiedi perché un gioco è tanto appassionante, non ti limitare a dire “io non ne capisco niente”) sono gli strumenti migliori per contrastare possibili derive ma, soprattutto, per saldare la relazione e il sistema familiare: una cosa è certa, il gaming non va da nessuna parte, così come i social e tante altre attività online. Tanto vale allora conoscerlo un po', anche senza doverlo "usare" in modo scientifico.

Ultimamente, ci siamo confrontati con questi aspetti e questi temi, oggettivamente un po’ più trasversali rispetto all’EduGaming. Vi terremo aggiornat*!